Certo che ti ho cercato;
anche correndo a perdifiato;
io ti ho cercato nel balbettio
di un anziano senza un futuro
e con le gengive senza denti;
nel bambino nato, nel torto,
- per lui senza una ragione -
col mondo che si chiude
alle sue spalle perché
non deve voltarsi indietro
senza sbatterci il muso contro;
nell'ammalato a cui lo sforzo
è dato nelle parole da ascoltare
e non nella consapevolezza della fine
e di guardare negli occhi
del ruffiano della morte
che gli dovrà preannunciare il tempo
o che la fine poi
non fa tanto male;
tra la folla accalcata ai semafori;
e bruciati dalle lampade;
nei raduni di chiese sconsacrate
ove pupe di maniera
s’alzano da terra come le gonne
e s’avvicinano al cielo
ove l’occhio scruta per quel dio
che cerca un’emozione per il risveglio;
tra i tavoli da gioco
e tra chi poi fuori
piangeva per l’alto tradimento.
Io ti ho trovato
in un tramonto estivo.
Il sole rosso appoggiato
sulle barriere di protezione
d’una via a fondovalle:
finalmente potevo guardarti
senza essere accecato;
eri lì, tra il verde della collina,
il celeste, il rosso,
il bianco della luna
e il grigio brillante dell’asfalto;
eri da solo
inchiodato sulla croce
con tante altre nude
e col nome di ciascuno;
anche la mia; da allora
è in attesa; la mente
invece non si dà pace
giacché non sa perché
ancora non basta
questo mio dolore
a farti compagnia.
Il bambino invece
di più si duole
poiché per cercarti
ha rinunciato al gioco:
gli altri non erano con noi
e, pur se ora sanno
dalle mie parole,
non ti crederanno.
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Io ti ho cercato
Giuseppe Ambrosecchia