È morto alle tre.
Il sogno stellato
che nacque quel giorno
di un dicembre sereno
visse l’inverno
e stagioni più belle.
Tracciò la sua orma
con l’aratro del tempo;
solcò il suo corpo
con segni ben duri;
alla fonte imbrunita
chiama dolori
e gioia serale al tramonto.
Un bambino per mano
attaccati e un nonno,
un salice attento
un ombrello pietoso
apre con slancio
su quel sogno distrutto.
L’aurora nel cielo
dell’eterno domani
porterà a chi piange
la stella di ieri
più viva di prima
e il fiume che scorre
dagli occhi impietriti
dormirà nel suo letto
perché il dolore si culli
e ti addormenti sereno
nella certezza con Dio.
Stella del mattino
Giuseppe Ambrosecchia