Come ombre e incorniciate a lutto
tornate nei ricordi
ora che il passato irrompe
nel mio vivere a ridosso
dell’incertezza e nell'affanno;
e l’anima, che anela una tregua,
anche la resa purché cessi,
invano tenta di trovare
una meta e una via di scampo.
S’attenua il dolore e l’affanno;
m’inonda il palmo il calore
della stretta di mano al tuo saluto
dell’ultimo impegno che ho mancato.
Memori soltanto d’una voce
e d’un arrivederci che non c’è stato,
vittime dell’età dell’ambizione
e reclusi nelle stanze del successo
da tempo abbiamo smesso di cercarci.
Quale dio ha voluto fuori delle mura
l’albero della conoscenza
del bene e del male
e tra di esse quello della vita?
A riva ho voluto che fossi
dall'altra parte del mare
per non credere le tue orbite
ormai scavate; ho sperato,
magari un giorno, pure
d’incrociarti tra la gente.
Ma l’età ci spinge nel nostro eden
mentre è fuori che l’anima respira
proprio tra coloro
che leggeranno i nostri nomi
prima tra gli annunci
e poi sul marmo all'ombra
(forse) d’un cipresso;
viviamo solo per gli affetti;
per gli altri e per noi stessi
siamo da tempo tutti morti:
l’ardore si è spento
nella malinconia di esistere.
Vecchie conoscenze
Giuseppe Ambrosecchia